giovedì 27 febbraio 2014

Victor Hugo



L'uomo e la donna


L'uomo è la più elevata delle creature.
La donna è il più sublime degli ideali.
Dio fece per l'uomo un trono, per la donna un altare.
Il trono esalta, l'altare santifica.

L'uomo è il cervello. La donna il cuore.
Il cervello fabbrica luce, il cuore produce amore.
La luce feconda, l'amore resuscita.
L'uomo è forte per la ragione.
La donna è invincibile per le lacrime.
La ragione convince, le lacrime commuovono.

L'uomo è capace di tutti gli eroismi.
La donna di tutti i martìri.
L'eroismo nobilita, il martirio sublima.
L'uomo ha la supremazia.
La donna la preferenza.
La supremazia significa forza;
la preferenza rappresenta il diritto.

L'uomo è un genio. La donna un angelo.
Il genio è incommensurabile;
l'angelo indefinibile.
L'aspirazione dell'uomo è la gloria suprema.
L'aspirazione della donna è la virtù estrema.
La gloria rende tutto grande; la virtù rende tutto divino.

L'uomo è un codice. La donna un vangelo.
Il codice corregge, il vangelo perfeziona.
L'uomo pensa. La donna sogna.
Pensare è avere il cranio di una larva;
sognare è avere sulla fronte un'aureola.

L'uomo è un oceano. La donna un lago.
L'oceano ha la perla che adorna;
il lago la poesia che abbaglia.
L'uomo è l'aquila che vola.
La donna è l'usignolo che canta.
Volare è dominare lo spazio;
cantare è conquistare l'Anima.

L'uomo è un tempio. La donna il sacrario.
Dinanzi al tempio ci scopriamo;
davanti al sacrario ci inginocchiamo. Infine:
l'uomo si trova dove termina la terra,
la donna dove comincia il cielo.


martedì 25 febbraio 2014

Vi aspettiamo Sabato 1° Marzo ore 18 al CLT


Il primo marzo pv alle ore 18, in collaborazione con la UILT (Unione Italiana Libero Teatro) presentiamo  alla biblioteca del  Circolo Lavoratori Terni, il libro di Francesco Randazzo “Kren. L’isola dei maiali. Dialogo col bambino” edito da EraNuova. L’opera è costituita da due testi teatrali che attraversano la Storia contemporanea con lo sguardo puntato sulle piccole storie degli uomini e delle donne che la subiscono, ma ne sono i veri tragici protagonisti. La parola teatrale è come un cristallo infranto che riflette la realtà frantumata di un’umanità sempre in fuga da se stessa, ostinata nei suoi errori, sublime nella propria volontà di sopravvivenza.
 Saranno Claudio Trionfi, Flavio Cipriani e Anna Laura Bobbi  a parlarci del testo che il pubblico potrà apprezzare, attraverso le letture di alcuni brani  interpretati dalle voci di Rossana Veracierta, Claudio Trionfi e dallo stesso Francesco Randazzo.

Francesco Randazzo scrittore e regista. Laurea in Regia, all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, nel 1991. È attivo in Italia e all’estero come regista e autore per importanti teatri e festival, fra i quali: Todi Festival, Teatro Stabile di Catania, Ortigia Festival, Narodno Kazaliste “I Zaic” di Rijeka, Festival di Dubrovnik, Teatro Nacional Juvenil de Venezuela, Teatro IT&D di Zagabria, Playwright Festival of New York, Festival des Films du Monde di Montréal, Festival Universcènes de Toulouse.
Fondatore della Compagnia degli Ostinati – Officina Teatro, della quale è stato direttore artistico.
Ha pubblicato con vari editori, testi teatrali, poesie, racconti e un romanzo, ed ha ottenuto numerosi riconoscimenti in premi di drammaturgia nazionali e internazionali, fra i quali: Premio Fondi La Pastora, Premio Candoni, Premio Fersen, Premio Schegge d’autore, Sonar Script, Premio Leonforte, Premio Maestrale San Marco, Premio Ugo Betti, Premio Officina Teatro, Premio Moak.
Suoi testi teatrali sono stati tradotti e rappresentati in spagnolo, francese, inglese, ceco.
Parallelamente ha svolto e svolge una intensa attività didattica con corsi di recitazione, storia dello spettacolo, stage e conferenze per varie istituzioni pubbliche e private, fra le quali: Scuola di Teatro Antico dell’Istituto nazionale del Dramma Antico, Université Le Mirail di Toulouse, Universidad de Valencia, Cinars Montreal, TNJV Caracas, Centro Teatro Educazione-Ente Teatrale Italiano, Centro Studi Uilt, New York University, Ostinati Open Studio e International Acting School Rome.



venerdì 21 febbraio 2014

Wystan Hugh Auden



Wystan Hugh Auden (1907-1973) fu sicuramente una delle figure principali degli anni Trenta e uno dei più importanti poeti inglesi del Novecento. Intelligente, colto e dotato di un'ironia sottile, egli possedeva un'eccezionale abilità tecnica che gli permetteva di scrivere in forme e stili diversi. Determinanti sulla sua opera furono le influenze di Freud, che gli ispirò un'analisi psicanalitica dei mali sociali contemporanei, e di Marx, che si riflesse nell'impegno politico, nelle simpatie per i movimenti della sinistra (con gli amici S. Spender e C.D. Lewis formò in quegli anni una sorta di triumvirato della sinistra inglese) e nella convinzione che l'arte dovesse essere messa al servizio delle idee politiche. Sostenitore accanito dell'inalienabilità della libertà dell'uomo, era convinto che il compito del poeta fosse quello di parlare a favore dei più deboli e degli oppressi e contro il pericolo delle dittature fasciste e naziste, proprio allora trionfanti. Pubblicate nella sua prima fase di attività poetica, il cosiddetto "periodo inglese", furono la raccolta Poems (Poesie, 1930), The dance of death (La danza della morte, 1933) e Look, stranger! (Ehi, quell'uomo!, 1936), che offrivano una sorta di analisi clinica della scena contemporanea, osservata appunto con ottica marxista e freudiana. La sua denuncia al conformismo, ai pregiudizi, alla superficialità della vita borghese era espressa in una poesia che alternava i ritmi più elevati e quelli della lingua colloquiale. Con l'amico C. Isherwood scrisse anche i drammi teatrali The dog beneath the skin (Il cane sotto la pelle, 1935) e On the frontier (Alla frontiera, 1938). Nel 1937 si recò in Spagna e partecipò alla guerra civile a fianco dei repubblicani. Nel 1938 sposò Erika, figlia dello scrittore tedesco Thomas Mann, e nel 1939 si trasferì negli Stati Uniti. Questa partenza fu criticata perché molti la considerarono un tradimento; ma Auden spiegò che la vera condizione del poeta nella società contemporanea era quella di rimanere solo e anonimo nel mezzo della folla: "Ogni poeta rimane solo". Questa data segnò anche un cambiamento nella sua opera: da allora la sua poesia si fece sempre più meditativa e filosofica (New year letter, Lettera per l'anno nuovo, 1941; For the time being, Per il momento, 1945 e The age of anxiety, L'età dell'ansia, 1947). L'influenza di Marx venne sostituita da quella di Kierkegaard e suoi problemi principali diventarono quelli religiosi, il problema del peccato e la salvezza; la fede religiosa e l'amore, un amore cristiano, sembravano l'unica soluzione ai mali del mondo, un mondo, secondo Auden, afflitto da una profonda nevrosi, che si manifestava con un senso di frustrazione, paura e ansia, paralizzando la fonte stessa della vita e della creatività. Il "Nemico" di cui spesso Auden parla è questa nevrosi a cui egli oppone l'idea del "Guaritore", ovvero l'amore, l'unica forza in grado di permettere all'uomo una fuga dalla solitudine e una maggiore partecipazione alla realtà. Auden fu un poeta decisamente antiromantico e antisentimentale e le sue composizioni migliori sono quelle in cui i temi più seri vengono trattati con ironia e distacco, evidenziando una grande capacità di  analisi.                                                                                                                                                               Liberamente tratto da Sapere

Alla fine il segreto viene fuori

Alla fine il segreto viene fuori,
come deve succedere ogni volta,
è matura la deliziosa storia
da raccontare all'amico del cuore;
davanti al tè fumante e nella piazza
la lingua ottiene quello che voleva;
le acque chete corrono profonde,
mio caro, non cè fumo senza fuoco.
Dietro il morto in fondo al serbatoio,
dietro il fantasma sul prato del golf,
dietro la dama che ama il ballo e dietro
il signore che beve come un matto,
sotto l'aspetto affaticato,
l'attacco di emicrania e il sospiro
c'è sempre un'altra storia,
c'è più di quello che si mostra all'occhio.
Per la voce argentina che d'un tratto
canta lassù dal muro del convento,
per l'odore che viene dai sambuchi,
per le stampe di caccia nell'ingresso,
per le gare di croquet in estate,
la tosse, il bacio, la stretta di mano,
c'è sempre un segreto malizioso,
un motivo privato tutto questo.

da "La verità, vi prego, sull'amore"



giovedì 20 febbraio 2014

Una pagina dedicata ai giovani poeti


Al terzo Poetry Slam  svoltosi a Sangemini in gennaio, è nata la nostra idea di creare in questo blog una pagina dedicata ai giovani poeti che aggiorneremo con cadenza bimestrale. Durante quella intensa kermesse, abbiamo ascoltato i versi di alcuni tra i giovani  che vi presenteremo.
Ad aprire la pagina è Alessandro Labianca.
A sottolineare la speranza che affidiamo  loro,  questa poesia di Roberto Roversi  con i nostri migliori auguri affinchè  il loro sentire unito a colorate penne sappia trovare parole nuove, per “cose” consumate e troppo poco realizzate.


Cento anni sono un giorno,
un giorno solo.
E in un giorno si possono incontrare tutti gli occhi
tutte le mani tutte le fatiche 
che per cento anni hanno scavato il mondo. 

Il mondo non è stato buono
con le mani con le fatiche che l’hanno scavato
e con gli occhi che l’hanno guardato. 

Gli occhi hanno visto il sangue
scendere sopra la fatica delle mani.

Cento anni fa c’era una speranza
forte dentro alla fame e al dolore. 
Cento anni fa cominciava un cammino 
che non è ancora finito.

Non è ancora finito. 
Il cammino è incominciato
quando una voce ha risposto a una voce
una mano ha stretto una mano
un passo ha seguito l’orma di un passo
e voce mano passo camminavano avanti. 

Quando una voce ha gridato “fratello” 
ed è arrivato un fratello
quando ha chiamato “compagno” “compagna” 
e una piazza si è riempita di gente.

La lotta è speranza del futuro.
Poi il futuro è arrivato
ancora le voci si chiamano 
si ascoltano i passi,
le mani si stringono insieme.

Nessuno dei vecchi
è ancora un’ombra dispersa nel sole
e sulla strada sempre segnata di orme 
arrivano i giovani e portano nuove bandiere
i giovani arrivano e portano le nuove parole.
  

Bucaneve: forza e speranza

.   

Tra non molto tempo nei boschi spunteranno i bucaneve a sottolineare l'arrivo della primavera.

Esso è  detto “stella del mattino” perché è uno dei primi fiori a spuntare dalla terra dopo l’inverno. Una leggenda racconta che Eva e Adamo, una volta cacciati dal Paradiso Terrestre, furono trasportati in un luogo gelido e buio, dove era sempre inverno. Eva ben presto fu presa dallo sconforto; un angelo avuta compassione di lei, si dice, che prese un pugno di fiocchi di neve, vi soffiò e ordinò che si trasformassero in boccioli, una volta toccato il suolo. Fu così che Eva, alla vista dei bucaneve, prese forza e si rianimò.

I bucaneve sono il simbolo della vita e della speranza.

Incontrarli con le loro verdi foglie nastriformi  ora spuntare da scuri prati di foglie ora aggrapparsi a granelli di terra tra pietre scoscese, ammirare la loro corolla che  pudica guarda  dove è spuntata,  incute sempre stupore, gioia e speranza.





lunedì 17 febbraio 2014

San Valentino 2014 alla Libreria L'ArgoLibro

Valentine's Day.

Una serata molto piacevole, quella di venerdì 14 febbraio presso la Libreria L'ArgoLibro ad Agropoli. Al "Valentine's Day" che ha coinvolto poeti, lettori, critici letterari, musicisti, tutti intervenuti sul tema dell’amore, abbiamo portato un piccolo excursus tra  leggende e cronache  di San Valentino e il nostro modo di festeggiarlo qui a Terni.  
Ecco alcune foto tra quelle da noi mostrate e  quelle della serata.











  

mercoledì 5 febbraio 2014

Johan Ludvig Runeberg e le tortine del poeta




La"torta di Runeberg" è un dolce tradizionale finlandese delle dimensioni di un pasticcino, insaporito con mandorle e rum e farcito con marmellata di lampone o fragola in un anello di zucchero. Pesa circa 100 grammi.
Il dolce prende il nome dal poeta finlandese Johan Ludvig Runeberg (vedi precedente post) al quale, secondo la leggenda, sarebbe piaciuto mangiare il pasticcino accompagnato dal liquore svedese punsch.

La leggenda popolare vuole che la moglie di Runeberg, Fredrika crei il dolce. La ricetta del dolce, contenuta in un libro di ricette del 1850, sarebbe una variante di una ricetta di un pasticcere della città di Porvoo.
È tipicamente mangiato in Finlandia e preparato tradizionalmente da gennaio fino al giorno in cui si festeggia il compleanno di Runeberg, il 5 febbraio

LA RICETTA
Ingredienti:  (per 10 porzioni)
·         200 gr di burro o margarina
                                                  ·         2 uova
                                                  ·         200 gr di zucchero
            
                                                 ·         120 gr di farina di mandorle
                                                 ·         2,5 dl di fette biscottate ridotte in polvere miste a    biscotti secchi ridotti in polvere ( io ho usato fette biscottate ed amaretti)
                                                ·         2 dl di farina 00
                                                ·         1 cucchiaino di lievito per dolci
                                                ·         pangrattato per spolverizzare gli stampini
Per la bagna
                      uno sciroppo di acqua e zucchero con rum e succo di frutta
   Per guarnire
                             confettura a piacere di fragole o mirtilli o lamponi
                             zucchero a velo diluito con poca acqua o succo di limone
 
Montare bene il burro a temperatura ambiente con lo zucchero. Aggiungere le uova una per volta sempre montando.
Con il mixer ridurre in polvere le fette biscottate ed i biscotti ed aggiungerli insieme alla farina di mandorle al composto, quindi la farina miscelata con il lievito.
Il composto risulterà piuttosto sodo, ma è così che deve essere.
Imburrare gli stampini e cospargerli di pangrattato.
Versarvi il composto un pochino sotto il bordo dello stampino visto che aumenterà un poco durante la cottura.
Volendo, potete mettere anche un cucchiaino della confettura anche a metà del composto tanto non scenderà in basso durante la cottura.
Far cuocere a 200° per circa 20 minuti.
Far freddare le tortine negli stampini.
Nel frattempo preparate lo sciroppo con poca acqua ed un cucchiaio di zucchero che farete sciogliere, aggiungere quindi il rum ed il succo di arancia.
Quando le tortine saranno fredde immergerne prima una metà, contare fino a 5, capovolgere la tortina e fare lo stesso con l'altra metà.
Porre sopra ad ogni tortina capovolta un cucchiaino di confettura che guarnirete con un giro di ghiaccia intorno.
Lasciar riposare le tortine una notte in frigorifero.
                                                                                                                                             Ricetta tratta da Le tenere dolcezze di Resy
 
 
 

Johan Ludvig Runeberg


 
 
Scrittore finlandese (Pietarsaari 1804 - Porvoo 1877) di lingua svedese. Si trovò alla morte del padre (1828) in difficili condizioni economiche, e da allora in poi la descrizione della vita degli umili ebbe preferenza nei suoi racconti e nelle sue poesie: queste, apparse in 3 voll. ("Poesie" 1830-43), rivelano un poeta originale soprattutto negli idillî ed epigrammi, tutti pervasi da un fresco sentimento della natura, specie del paesaggio finlandese, e da un ardente patriottismo ("Il sepolcro di P.", 1831; ecc.). Il suo capolavoro resta però "I racconti dell'alfiere Stḁl", ( prima parte 1848, seconda 1860), specie di romancero della guerra (1808-09), combattuta da Finlandesi e Svedesi contro la Russia: sono 35 quadri ispirati a episodî di eroismo, devozione e fedeltà. Il canto introduttivo ("Il nostro paese"), musicato da F. Pacius, è divenuto dal 1848 inno nazionale. Di  lui. si ricordano anche la tragedia neoclassica "I re a Salamina", (1863), non priva di reminiscenze shakespeariane, il poema ossianico "Re Fjalar",( 1844), i poemi narrativi Hanna (1836), Nadeschda (1841) e  ("La sera di Natale", 1841).

Il primo bacio
La stella della sera sedeva sul bordo di una nuvola d’argento
e nel crepuscolo laggiù da un boschetto una ragazza le chiese:
“Dimmi, stella della sera, cosa si dice in cielo
quando qualcuno dona il primo bacio alla persona amata?”
E la timida figlia del cielo rispose:
“Gli angeli celesti in schiera guardano in terra
vedendo in quel momento il riflesso della loro propria luce;
solo la Morte volge lo sguardo altrove e piange”.

 

 


 

lunedì 3 febbraio 2014

Ada Negri

 
 
 
 
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.

domenica 2 febbraio 2014

La Candelora ed i proverbi di febbraio


 
 
Il nome latino Februarius  deriva da februa che significa – mezzi di purificazione-.

I februa erano panni di lana con cui si aspergeva il sangue delle vittime sacrificali o focacce di farro tostato con sale, che teneva il littore quando si procedeva alla purificazione di una casa o ancora fronde di un albero puro con cui i sacerdoti si adornavano le tempie o infine qualunque cosa con cui si purificassero i corpi.
Nell’antica Roma, un sacrificio espiatorio a Giunone apriva  il mese di febbraio, mese delle purificazioni per prepararsi al passaggio dell’anno nuovo in marzo.

I Celti a loro volta celebravano all’inizio di questo mese, la festa della luce nascente, che poi è diventata la nostra Candelora.
Per una coincidenza calendariale la chiesa fissò al due febbraio la festa della Purificazione della
Beata Maria.
Il Lunario toscano del 1805 riporta: “ La mattina si fa la benedizione delle candele che si distribuiscono ai fedeli, la qual funzione fu istituita dalla chiesa per togliere un antico costume dei Gentili, che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano correndo per la città, mutando quella superstizione in religione e pietà cristiana”.

 
*****


Proverbi

                                          Delle cere (candele) la giornata
ti dimostra la vernata,
se vedrai pioggia minuta
la vernata fia compiuta,
ma se vedi sole chiaro
marzo fia come gennaro.
*
Per la Santa Candelora se nevica o se plora dall’inverno siamo fora; ma se è sole o solicello siamo sempre a mezzo inverno.
Se di febbraio corrono i viottoli, empi di vino e olio tutti i ciottoli.
*
Febbraio, ferra l’acquaio.
*
 Se febbraio non febbreggia, marzo matteggia.
 
 

sabato 1 febbraio 2014

Galway Kinnell




Poeta statunitense.
Fin dalla prima raccolta, Che regno era (What a Kingdom It Was, 1960), la sua poesia di mistico moderno fissa il percorso simbolico di una esistenza divisa fra sofferenza notturna e l'idillio del giorno, tra l'adesione al mondo materiale, sociale, contemporaneo, e l'immersione nella tenebra. In Poesie della notte (1968) e Il libro degli incubi (The Book of Nightmares, 1971) l'ansia di conciliare gli opposti, mai appagata in Kinnell, trova precisi modelli formali nella ricerca alchemica - nella metafora del fuoco rigeneratore - e nel processo onirico, che coinvolgono la scrittura in uno scomporsi e ricrearsi di nuove strutture lessicali.
Artista dai molti maestri (Walt Whitman, Gerard Manley Hopkins, William Butler Yeats, Pablo Neruda, Yves Bonnefoy, da lui tradotto, come anche François Villon) e dal lungo apprendistato, Kinnell è tra le voci più forti ed inquietanti della poesia americana contemporanea.
Ottenne il Premio Pulitzer per la poesia nel 1983 per l'opera Selected Poems.



 ***

 
ALLO SPUNTAR DEL GIORNO
Sul fango della riva, poco prima del tramonto,
dozzine di stelle di mare
strisciavano. Era come
se il fango fosse un cielo
ed enormi stelle imperfette
l’attraversassero così lentamente
come le vere stelle il firmamento.
All’improvviso si fermarono,
e, quasi che avessero soltanto
accresciuto la loro disposizione
alla gravità, affondarono
nel fango, svanirono giù
nel fango e giacquero immobili, e nel momento
che il rosa del tramonto le colpiva
erano così invisibili
come le stelle allo spuntar del giorno.
(da Mortal Acts, Mortal Words, 1980)