sabato 22 agosto 2015

L' occhio del secolo: Henri Cartier-Bresson



 


Cartier-Bresson è stato uno dei più grandi fotografi del Ventesimo secolo. (Chanteloup, Seine-et-Marne, 1908 - Montjustin, Provenza, 2004); fu anche pittore e assistente di J. Renoir.
Fu, con R. Capa e D. Seymour, fra i fondatori, nel 1947, del gruppo Magnum-Photo ,
è stato autore di servizî di fotogiornalismo documentaristico da tutto il mondo (si ricordano i reportage dall'Africa, dal Messico, dagli Stati Uniti e dalla Spagna).
Nelle sue istantanee, realizzate "nel momento decisivo", la scelta sapiente del punto di ripresa concorre a creare immagini spontanee con una combinazione ottimale degli elementi compositivi, in cui non si avverte la presenza del fotografo.
Tra i suoi libri, spicca Images à la sauvette (1952), nel quale racconta il suo modo di fare fotografia. Nel 1988 il Centre National de la Photographie di Parigi gli ha intitolato il Gran Premio Internazionale di Fotografia. Nel 2003 è stata inaugurata la Fondation Henri Cartier-Bresson a Parigi.


venerdì 14 agosto 2015

"IL CECCHINO" di Ermanno Crescenzi


Il cecchino

Racconto breve, II classificato  nella sezione letteraria del concorso Campionato italiano della Bugia 2015.


Da sei giorni eravamo bloccati in una trincea per una frana. Anche volendo non potevamo muoverci perché c’era sempre Hans a ricordarci di non farlo altrimenti avrebbe dovuto spararci e lui non voleva uccidere nessuno;ma non poteva certo lasciarci andare via. Ci teneva semplicemente sotto tiro. Hans era un cecchino infallibile; gli piaceva sparare non per uccidere ma per dimostrare la sua abilità nel colpire gli oggetti a distanza. Era sempre di buon umore e parlava italiano. In quei 6 giorni avevamo avuto modo di conoscerci e ora ci chiamavamo per nome. Dalla sua postazione ci vedeva e ogni tanto lo sentivamo gridare - Gioachin! Non ti muovere e rimani con la gamella in mano. – Seguiva un breve silenzio e, dopo lo sparo, il sinistro sibilo della pallottola attraversava l’immobilità dell’aria per andare a colpire con suono metallico e millimetrica precisione il centro della gamella. Era il momento del suo trionfo che festeggiava facendo risuonare la sua grassa risata. Non avevamo paura .Ci fidavamo di lui:era un amico con un’altra divisa. Solo un po' di filo spinato arrugginito divideva le nostre postazioni. Ci parlavamo. Raccontavamo delle nostre famiglie e dei progetti futuri. Lui concludeva sempre che, finita la guerra, dovevamo incontrarci per fare una bella mangiata. A queste sue parole facevamo fatica a reprimere il desiderio che era anche il suo: uscire dalla trincea gettare i fucili e abbracciarci. Due giorni dopo un aereo ci sorvolò e lasciò cadere volantini che annunciavano la fine della guerra. Uscimmo dalla trincea chiamando Hans a gran voce;ci corremmo incontro, ci abbracciammo e facemmo festa danzando felici come bambini. Poi Hans propose una gara di tiro al bersaglio. L’ultimo avrebbe pagato una cena a tutti. Ultimo fu Hans. Nessuno ci credette. Ma il più felice era lui.