lunedì 28 gennaio 2013

Anton Cechov

Čechov Anton Pavlovič. - Scrittore russo (Taganrog 1860 - Badenweiler 1904). Narratore tra i più insigni della letteratura russa di epoca contemporanea, fin dalle sue prime opere di carattere comico e caricaturale mira all'essenziale e aborre, tanto nello stile quanto nella costruzione, da tutto ciò che è intrusione personale, abbandono narrativo. Il suo riso è asciutto, pacato, talvolta triste. E la tristezza si fa sempre più sofferta accettazione del grigiore ineluttabile dell'esistenza, cui è dato solo di sperare in un lontanissimo migliore avvenire. Ma sia nei racconti sia nelle opere teatrali questa visione del mondo è trasfigurata da un tenace amore per la vita sempre trattenuto però da un pudore e da una umiltà che, specie nei drammi, ai toni accesi preferisce gli accenti smorzati, alle parole sonore la espressività del silenzio, all'invenzione di vicende drammatiche il triste fluire degli eventi. Vita e opere. Studente di medicina a Mosca (1879-84), collaborò, sotto diversi pseudonimi (il più noto è Čechonte), a riviste e giornali con brevi racconti umoristici che raccolse in due volumi: Skazki Melpomeny ("Favole di Melpomene", 1884), Pëstrye rasskazy ("Racconti variopinti", 1886). Il loro successo gli permise di dedicarsi tutto all'attività letteraria - per la medicina conservò sempre un vivo interesse, ma la esercitò solo saltuariamente, per scopi umanitarî - soggiornando, alternativamente, a Mosca, nella propria campagna a Melichovo e, più tardi per ragioni di salute (era tubercolotico), in Crimea. Nel 1890 fece un viaggio fino all'isola di Sachalin e negli ultimi dieci anni fu ripetutamente all'estero, soprattutto a Nizza e Biarritz. Verso il 1896 abbandonò il bozzetto umoristico per il racconto più lungo in cui l'intonazione impressionistica si associa a un profondo scavo psicologico: Step′ ("La steppa", 1888), Skučnaja istorija ("Una storia noiosa", 1889), Palata n. 6 ("La sala n. 6", 1892), Rasskaz neizvestnogo čeloveka ("Racconto di uno sconosciuto", 1893), Čërnyj monach ("Il monaco nero", 1894), Moja žizn′ ("La mia vita", 1896), Mužiki ("I contadini", 1897), Duel′ ("Il duello", 1897). Intanto, superati anche nel teatro i brevi componimenti (8 lavori in un atto), nell'opera di Č. i drammi prendono il sopravvento sui racconti, e tra il 1888 e il 1904 egli scrive, e dopo alcuni insuccessi impone al pubblico, i cinque drammi: Ivanov (1888), Čajka ("Il Gabbiano", 1896), Djadja Vanja ("Lo zio Vanja", 1899), Tri sestry ("Le tre sorelle", 1901), Višnëvyj sad ("Il giardino dei ciliegi", 1904). (fonte:Treccani.it)

giovedì 24 gennaio 2013

Edith Wharton

"Ci sono due modi di diffondere luce: essere la candela oppure essere lo specchio che la riflette."

Henri Beyle Stendhal

"Il pastore cerca sempre di convincere il gregge che gli interessi del bestiame e i suoi sono gli stessi."

lunedì 21 gennaio 2013

LORD GEORGE GORDON BYRON



 
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l'eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.

Raymond Roussel




Scrittore francese (Parigi 1877 - Palermo 1933).
Di origine alto-borghese, studiò musica e condusse una vita eccentrica all'insegna del dandismo; fu curato dallo psichiatra P. Janet, che descrisse il suo caso in De l'angoisse à l'extase (1928). Esordì con il romanzo in seimila alessandrini La doublure (1897), storia di un fallimento amoroso cui fa da sfondo una minuziosa descrizione del carnevale di Nizza. Dopo altre narrazioni in versi (Chiquenaude, 1900; La vue, 1904) e un tentativo di opera teatrale in alessandrini non pubblicata (La Seine, composta tra il 1900 e il 1903), diede le sue opere principali con i romanzi Impressions d'Afrique (1910; trad. it. 1964), incentrato sulle paradossali vicende di alcuni naufraghi prigionieri di un re nero, e Locus solus (1914; trad. it. 1975), in cui sono descritte le fantastiche invenzioni custodite da un eccentrico scienziato nel suo parco; quest'ultimo fu portato sulle scene da R. stesso nel 1922, suscitando grande scalpore. Per il teatro scrisse poi L'étoile au front (1924) e Poussière de soleils (1926), entrambe tradotte in italiano in Teatro (1982). Nel 1932, anno in cui pubblicò la raccolta di poesie Nouvelles impressions d'Afrique, abbandonò la letteratura per gli scacchi. Il suo originale metodo di scrittura, esposto in Comments j'ai écrit certains de mes livres (post., 1935; trad. it. in appendice a Locus solus, 1975), consiste nel partire da due frasi quasi identiche ma di significato diverso per inscrivere fra di esse una storia immaginaria generata unicamente dai giochi del linguaggio. Nel saggio Come ho scritto alcuni dei miei libri (Comment j'ai écrit certains de mes livres) (1935), uscito postumo, Raymond Roussel spiegò i meccanismi con cui progettava i suoi libri, basati sull'omofonia delle frasi e la relativa distorsione fonetica, e sullo sdoppiamento semantico del linguaggio  Roussel costruiva il suo rompicapo e si impegnava a risolverlo nelle pagine tra la prima e l'ultima frase..
« Giovanissimo scrivevo già racconti di poche pagine impiegando questo procedimento. Sceglievo due parole quasi simili (sul tipo dei metagrammi). Per esempio billard (biliardo) e pillard (predone). Poi vi aggiungevo parole simili ma prese in due sensi differenti, e ottenevo così due frasi quasi identiche. Per quanto riguarda pillard e billard le due frasi che ottenni furono queste
Les lettres du blanc sur les bandes du vieux billard...
Les lettres du blanc sur les bandes du vieux pillard...
Nella prima, lettres (lettere) era preso nel senso di «segni tipografici», blanc (bianco) nel senso di «gesso» e bandes (bande) nel senso di «sponde»:
«le lettere tracciate col gesso bianco sulle sponde del vecchio biliardo».
Nella seconda, lettres era preso nel senso di «missive», blanc nel senso di «uomo bianco» e bandes nel senso di «orde guerriere»:
«le missive inviate dall'uomo bianco a proposito delle orde del vecchio predone».
Trovate le due frasi, si trattava di scrivere un racconto che potesse cominciare con la prima e finire con la seconda. Dalla soluzione di questo problema ricavavo tutti i materiali. »
Pressoché ignorato dai suoi contemporanei, a eccezione dei surrealisti, R. è stato poi rivalutato nella seconda metà del Novecento (strutturalismo, nouveau roman, OULIPO); nel 1995 è cominciata la pubblicazione delle sue opere complete. Alle circostanze della sua morte, avvenuta in un albergo di Palermo per eccesso di barbiturici, L. Sciascia dedicò il libro Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971).

                                                                                             Tratto da
                                                                                            Treccani.it
                                                                                           e Wikipedia



Alda Merini



I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

Paul Cézanne

 Autoritratto a quarant'anni - Louvre Parigi 
                                      
                                              
                                                      
                                           
                                             


                            
                            

                           

sabato 19 gennaio 2013

Edgar Allan Poe




I miei incantesimi sono infranti

I miei incantesimi sono infranti.
La penna mi cade, impotente, dalla mano tremante.
Se il mio libro è il tuo caro nome, per quanto mi preghi,
non posso più scrivere. Non posso pensare, né parlare,
ahimè non posso sentire più nulla,
poiché non è nemmeno un'emozione,
questo immobile arrestarsi sulla dorata
soglia del cancello spalancato dei sogni,
fissando in estasi lo splendido scorcio,
e fremendo nel vedere, a destra
e a sinistra, e per tutto il viale,
fra purpurei vapori, lontano
dove termina il panorama nient'altro che Te.

giovedì 17 gennaio 2013

William Stafford






"Cominciamo da qui: che cosa desideri ricordare?
In che modo il sole avanza pianissimo sul pavimento lucido?
Il profumo sospeso di legno vecchio, il suono attutito che proviene da fuori,
quando riempiono l'aria?

Offrirai mai al mondo un dono migliore
del respiro rispettoso che porti in te,
dovunque, proprio ora?
Stai aspettando che il tempo ti indichi pensieri migliori?

Fai un giro su te stessa, a partire da qui,
alza quel nuovo sguardo che hai scoperto:
porta nella sera tutto ciò che vuoi dalla giornata.
Questo momento che hai passato a leggere o ascoltare conservalo per la vita.

Che cosa puoi ricevere più grande di questo istante,
a partire da quì, proprio in questa stanza,
ora che fai un giro su te stessa?"

William Stafford


mercoledì 16 gennaio 2013

Vittorio Alfieri




TIRANNIDE
 indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri

giovedì 10 gennaio 2013

Tommaso Mondelli

 In questi nostri giorni in cui la guerra “ non viene più dichiarata, ma proseguita ”, ci può essere dato d’incontrare come dono, stimolante e consolatorio, la philia.
Non tra le pagine dell’Iliade, non nell’Eneide o in Narciso e Boccadoro, ma in quello spazio tangibile di solitudine scelta e subita, nella quale ci immergiamo  per riflettere, raccontare, forse provare a comprendere la vita: la poesia.
È così che ho conosciuto Tommaso Mondelli: un uomo con una verve ed un dinamismo interiore da far invidia ad una rigogliosa primavera.
Lui ama definirsi un “dilettante che compone versi” e forse solo perché con i suoi occhi, colti ironici e freschi, sa coglierla in tutte quelle esistenze che fanno parte dell’immensa fatica e gioia del vivere umano.
Il suo sguardo, vivace e profondo indaga ovunque, sia nelle piccole che nelle grandi cose, e lo restituisce ai lettori come un semplice respiro che adagiandosi tra la penna ed il foglio,  sa scaldare il cuore.
Per sua gentile concessione, riportiamo una poesia, Il Girasole, tratta dalla sua raccolta “Poesie Scelte”, edita da Occhi di Argo.


Il girasole

E’ un fiore, quasi una pianta
giallo colore, frutto maturo
olio e pianta di seme vanta
di poco cibo verso il futuro

Mostra faccia a sole che vede
tutto il giorno come d’incanto
da mattina a tramonto di sede
il gira il collo senza tormento

Il Sole sorride alla corte gradita
dei girasoli, un campo disteso
per restituire del cibo e calore
come un senso di cosa gradita

Un’armonia che l’uomo non vede
calamitato tra base e vicende
ancor non riflette cosa succede
pensa, domani ad altre faccende

                                                                                            

mercoledì 9 gennaio 2013

Gibran Khalil

 
 
TRISTEZZA

Interrogo la tristezza e scopro
che non ha il dono della parola;
eppure, se potesse,
sono convinto che pronuncerebbe
una parola più dolce della gioia.