martedì 30 dicembre 2014
domenica 28 dicembre 2014
Capodanno e San Silvestro
Poggio Catino-Rieti
La leggenda narra che dopo la conversione di Costantino al cristianesimo, alcuni sacerdoti pagani si recarono da lui che viveva esule sul monte Soratte, per chiedergli di salvare la popolazione da un drago che con il suo soffio faceva morire centinaia di persone alla volta.
Costantino ne parlò a san Silvestro che in sogno chiese consiglio a san Pietro, il quale gli suggerì di scendere nella fossa in cui stava il mostro e legargli un filo intorno al collo.
Silvestro vi scese per trecentosessantacinque scalini ed eseguì quello che Pietro gli aveva ordinato.
All’uscita della fossa incontrò due maghi pagani che lo avevano seguito per verificare se avesse avuto il coraggio di affrontare il drago. Giacevano a terra asfissiati, ma il papa li condusse sani e salvi tra la folla che si convertì in massa insieme ai due.
martedì 23 dicembre 2014
Juan Ramón Jiménez Mantecón
Sei così bella
Sei così bella
tu, come il morbido prato dietro l'arcobaleno
nel meriggio silenzioso d'acqua e sole,
come l'increspamento della primavera
di fronte al sole dell'aurora
come l'avena fine del serraglio
di fronte al sole del tramonto dell'estate
come i tuoi occhi verdi col mio sorriso rosso
come il mio cuore profondo col tuo amore vivo.
Presi le briglie
Presi le briglie,
andai in giro a cavallo
dell'alba;
penetrai, candido, nella vita.
Come mi guardavano,
folli,
i fiori del mio sogno,
tendendo le braccia alla luna!
Lascia colare il tuo bacio
Lascia colare il tuo bacio
come una fonte -
filo fresco nella tazza
del mio cuore!
Il mio cuore, poi, sognando,
ti restituirà, doppia, l'acqua del tuo bacio,
dal canale del sogno,
da sotto la vita.
E l'acqua del tuo bacio
- o nuova aurora della fonte!
sarà eterna,
perché il mio cuore sarà la sua sorgente.
lunedì 22 dicembre 2014
Presentazione del libro Abissi di senso di Sabrina Longari
Il Poetry slam che l’Assessorato alla cultura del Comune di Sangemini organizza da qualche anno, ci ha dato l’opportunità di conoscere giovani poeti e fu in uno di questi incontri che nacque in noi, l’idea di creare una pagina (Giovani poeti), all’interno di questo blog: per conoscerli nel loro rapporto con la scrittura e per farli conoscere anche a voi. Ne abbiamo incontrati anche altrove ovviamente come Francesca Eva De Santis e Michael Crisantemi. Altri ne ospiteremo.
Sono ragazzi e ragazze che in questi nostri giorni veloci, colmi di rumori e accecati da frastornanti luci, con la parola a volte ci aiutano ad avanzare altre a fermarci, lungo la strada della comprensione, facendoci sognare, raccontandoci mondi che solo la capacità della meraviglia permette di vedere.
Dentro questo percorso. mesi fa scrivemmo di Sabrina Longari e trascrivemmo alcune sue poesie.
Ora a distanza di poco tempo con infinita gioia, le saremo accanto per la presentazione del suo libro Abissi di senso edito da David and Matthaus.
In questa raccolta poetica l’autrice con maestria e forza, ci narra del viaggio dentro di se alla scoperta di nuove stagioni, dove l’amore che riluce, attraverso il ricordo “la lontananza” è vivo e regala sogni che non hanno limiti.
Vi aspettiamo
martedì 16 dicembre 2014
Sergio Solmi
Saggista e poeta italiano (Rieti 1899-Milano 1981). Fondò nel 1922 con M. Gromo e G. Debenedetti la rivistaPrimo tempo. Laureatosi in legge, si impiegò in una grande banca milanese, ma ebbe sempre parte attiva nel mondo letterario. Partecipò alla Resistenza e, incarcerato dalla Muti nelle prigioni in Foro Bonaparte, riuscì a evadere con l'aiuto dei compagni partigiani (tutta l'esperienza della Resistenza è rievocata nella raccolta di versi Quaderno di Mario Rossetti, il nome di combattimento col quale Solmi operò nella lotta di liberazione).
L'attività creativa di Solmi si è svolta in stretta connessione con quella saggistica sostenuta dallo stesso impegno etico e dalla stessa limpida e razionale visione della realtà. L'opera poetica, raccolta nei volumiComete (1923), Fine di stagione (1933), Poesie (1950), Levania e altre poesie (1956), Dal balcone (1968) e riproposta, con numerosi inediti, nelle Poesie complete (1974), muove da toni crepuscolari ed ermetici per svolgere un originale e autonomo discorso poetico. Il senso di desolazione e di sconfitta davanti alla vita si risolve in una disillusa meditazione sul suo significato (“Tutto m'è uguale, nulla ha più sapore / Tutto potrei e nulla voglio”) e infine nella contemplazione di un mondo che è al di fuori di noi. Non è questo un modo di evadere dalla realtà, ma piuttosto di acquisire altre realtà alla nostra coscienza in crisi. Di qui anche l'interesse per la fantascienza della quale curò, in collaborazione con C. Fruttero, la serie antologica Le meraviglie del possibile (1959). Come critico, Solmi partì dalla lezione di B. Croce per un approfondimento in senso personale dei temi dell'opera altrui.
L'attività creativa di Solmi si è svolta in stretta connessione con quella saggistica sostenuta dallo stesso impegno etico e dalla stessa limpida e razionale visione della realtà. L'opera poetica, raccolta nei volumiComete (1923), Fine di stagione (1933), Poesie (1950), Levania e altre poesie (1956), Dal balcone (1968) e riproposta, con numerosi inediti, nelle Poesie complete (1974), muove da toni crepuscolari ed ermetici per svolgere un originale e autonomo discorso poetico. Il senso di desolazione e di sconfitta davanti alla vita si risolve in una disillusa meditazione sul suo significato (“Tutto m'è uguale, nulla ha più sapore / Tutto potrei e nulla voglio”) e infine nella contemplazione di un mondo che è al di fuori di noi. Non è questo un modo di evadere dalla realtà, ma piuttosto di acquisire altre realtà alla nostra coscienza in crisi. Di qui anche l'interesse per la fantascienza della quale curò, in collaborazione con C. Fruttero, la serie antologica Le meraviglie del possibile (1959). Come critico, Solmi partì dalla lezione di B. Croce per un approfondimento in senso personale dei temi dell'opera altrui.
Giardino
L'iridato
getto che il vento obliqua e sfrangia, vela
per un istante il paesaggio
lo appanna come una memoria.
Poi di colpo s'imprimono
nella stillante acqua il fico, il nespolo
del Giappone, arde il chiaro
deliquio delle rose. A sommo
del muro gli archi del loggiato, le
persiane verdi e nere
s'inseguono, più su la fuga ilare
dei meli scende a picco, scendono
monti e ombre di monti.
Bellezza un poco cruda, non mia forse,
e troppo mia,
come una spada lampeggiante un giorno
mi feristi nel sonno adolescente,
dentro t'ebbi a non farmi più dormire.
Sospirata parola, che alla fine
mi sei giunta, m'hai colto
in un momento di disattenzione,
e ti vuoi improvvisa, non cercata,
sfuggi al gesto raro, alla misura
esorbitante. D'una riga t'orli
di mare, gonfi in nube, ti dibatti
come colomba, sorgi in cima al semplice
respiro della voce, all'indolente
mano che ti scandisce, ed urgi - trepida
cosa tra cose - a collocarti in questa
calda, iridata, precisa esistenza.
L'esperanto
L'esperanto è una lingua pianificata sviluppata tra il 1872 e il 1887 dall'oftalmologo polacco di origini ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof. ed è la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliarie internazionali (LAI). Presentata nel Primo Libro come Lingvo Internacia ("lingua internazionale"), prese in seguito il nome esperanto ("colui che spera", "sperante") dallo pseudonimo di Doktoro Esperanto, utilizzato dal suo creatore. Scopo di questa lingua è quello di far dialogare i diversi popoli cercando di creare tra di essi comprensione e pace con una seconda lingua semplice ma espressiva, appartenente all'umanità e non a un popolo. Un effetto di ciò sarebbe in teoria quello di proteggere gli idiomi "minori", altrimenti condannati all'estinzione dalla forza delle lingue delle nazioni più forti. Per questo motivo, l'esperanto è stato ed è spesso protagonista di dibattiti riguardanti la cosiddetta democrazia linguistica.
Le regole della grammatica dell'esperanto sono state scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare ma nel contempo potessero dare a questa lingua la stessa espressività di una lingua etnica; esse non prevedono eccezioni. Anche i vocaboli derivano da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli introdotti di recente) da lingue non indoeuropee come il giapponese, ma in gran parte da latino, lingue romanze (in particolare italiano e francese), lingue germaniche (tedesco e inglese) e lingue slave (russo e polacco).
Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" appunto perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'omonima università tedesca.
La sua espressività, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. La cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti: dalla poesia e la prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in informatica, nel ramo della linguistica computazionale, per il riconoscimento automatico del linguaggio
Ci sono state anche proposte per usare l'esperanto come lingua franca per i lavori nel Parlamento europeo, principalmente per motivi economici o per evitare che si vada verso una o più lingue nazionali.
Tuttavia finora l'Unione europea giustifica l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di 24 lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo.
Le regole della grammatica dell'esperanto sono state scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof, affinché fossero semplici da imparare ma nel contempo potessero dare a questa lingua la stessa espressività di una lingua etnica; esse non prevedono eccezioni. Anche i vocaboli derivano da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli introdotti di recente) da lingue non indoeuropee come il giapponese, ma in gran parte da latino, lingue romanze (in particolare italiano e francese), lingue germaniche (tedesco e inglese) e lingue slave (russo e polacco).
Vari studi hanno dimostrato che si tratta di una lingua semplice da imparare anche da autodidatti e in età adulta, mentre altri dimostrano come dei ragazzi che hanno studiato l'esperanto apprendano più facilmente un'altra lingua straniera. Lo studio di due anni di esperanto nelle scuole come propedeutico a una lingua straniera viene detto "metodo Paderborn" appunto perché la sua efficacia è stata dimostrata nell'omonima università tedesca.
La sua espressività, simile a quella delle lingue naturali, è dimostrata dalla traduzione di opere di notevole spessore letterario. La cultura originale esperantista ha prodotto e produce in tutte le arti: dalla poesia e la prosa fino al teatro e alla musica. La logica con cui è stata creata minimizza l'ambiguità, per cui si presta a essere usata in informatica, nel ramo della linguistica computazionale, per il riconoscimento automatico del linguaggio
Ci sono state anche proposte per usare l'esperanto come lingua franca per i lavori nel Parlamento europeo, principalmente per motivi economici o per evitare che si vada verso una o più lingue nazionali.
Tuttavia finora l'Unione europea giustifica l'attuale politica multilinguista che prevede l'uso di 24 lingue ufficiali, per motivi di trasparenza, non senza critiche da parte di chi sospetta che tale politica stia in realtà portando verso il solo inglese o, al più, al trilinguismo.
Ludwik Lejzer Zamenhof
Nacque a Białystok nel 1859 figlio dell'insegnante di lingue Mordechai Zamenhof (il quale preferiva la dizione russa Marko). La famiglia Zamenhof (o Samenhof secondo alcune grafie) era una famiglia di ebrei lituani, ma Ludwik Lejzer si definì sempre "ebreo russo".È universalmente noto per aver fondato le basi dell'esperanto, la lingua ausiliaria internazionale più parlata al mondo.
Il secondo nome per i gentili Ludwik lo elesse in onore a Francis Lodwick, che nel 1652 pubblicò una lingua artificiale, della quale Zamenhof venne a sapere nelle opere di Comenius.
La città di Białystok, oggi in Polonia, all'epoca era assoggettata all’impero zarista ed era abitata da diversi gruppi etnici che si differenziavano per le distinte posizioni politiche, sociali, linguistiche e religiose: i russi (greco-ortodossi), erano per lo più impiegati e militari; gli ebrei (di lingua yiddish) erano commercianti; e i polacchi (cattolici) erano operai. Le tensioni tra le varie etnie erano forti e assumevano a volte forme violente, come racconta lui stesso nell'Originala Verkaro, con l'aggiunta di questo commento: “Questo luogo della mia nascita e degli anni della mia fanciullezza ha impresso il primo corso a tutte le mie aspirazioni successive”.
Nel 1874 la famiglia si trasferì a Varsavia, dove il giovane Zamenhof frequentò il ginnasio. Studiò poi medicina prima a Mosca e poi di nuovo a Varsavia, specializzandosi infine in oftalmologia a Vienna. Per quanto riguarda la formazione religiosa, mentre la madre era un'ebrea osservante, il padre, fortemente influenzato dall'illuminismo ebraico, si definiva ateo; e Zamenhof derivò da queste diverse influenze una visione molto personale della religione.
Il 9 agosto 1887 Zamenhof sposò Klara Silbernik. Ludwik e la moglie Klara ebbero tre figli: Adam, Sofia e Lidia (che si convertì al bahaismo). Adam fu ucciso dai nazisti, mentre le due figlie morirono nel campo di sterminio di Treblinka. Il nipote Louis-Christophe Zaleski-Zamenhof ora vive in Francia.
Pur avendo coscienza di essere strettamente legato alle proprie origini ebraiche, Zamenhof era deciso a non legarsi con “gli obiettivi e gli ideali di un particolare gruppo o religione”, individuando nella diversità linguistica la causa principale “che allontana la famiglia umana e la divide in fazioni nemiche”.
Giudicati il latino ed il greco inadatti per la vita moderna perché troppo difficili ed arcaici, Zamenhof contestò anche l’uso di un idioma nazionale in ambito internazionale, e si orientò verso la pianificazione di una lingua nuova, di cui tracciò, già tra il 1875 ed il 1878, un suo primo progetto, chiamato Lingwe Universala.
Dopo la parentesi moscovita, tornato nel 1881 a Varsavia, Zamenhof venne a sapere che i suoi manoscritti erano stati distrutti, ma non s'abbatté e riprese a lavorare al suo progetto. Finalmente, il 26 luglio 1887, Zamenhof, con l'aiuto economico del futuro suocero, riuscì a pubblicare un primo manuale in russo della nuova lingua, battezzata Lingua Internazionale. In quell'occasione adottò lo pseudonimo di "Dottor Esperanto".
lunedì 15 dicembre 2014
Calénde e presagi sul tempo meteorologico
Calende: il primo giorno di ciascun mese del calendario romano. Le calénde non esistevano nel calendario greco, per questo la frase rimandare alle calende greche, già usata dai Romani, significa un rinvio a tempo indeterminato
Nella lingua italiana, la parola un tempo di uso comune è ormai antica o letteraria.
Unendosi con i nomi dei mesi, subiva spesso il troncamento: calén di gennaio , calén di febbraio, calendimaggio.
In alcune regioni, sono tuttora dette calende o calendi i primi dodici giorni dell'anno, da ciascuno dei quali si pronostica il tempo che farà nel corrispondente mese dell'anno: se la giornata è bella anche il mese corrispondente sarà contrassegnato da tempo sereno e viceversa.
I giorni indicatori sono compresi in tre cicli: dal 1 al 12 gennaio, dalla festa di Santa Lucia fino al 25 dicembre e dal 25 dicembre al 5 gennaio.( Oggi 15.12, corrisponderebbe a Marzo)
mercoledì 10 dicembre 2014
Emily Dickinson
Venne la notte….
Venne la notte di quel primo giorno,
e grata di aver
tanto – sopportato -
all’anima chiesi di cantare -
Ma lei rispose che le corde erano saltate -
l’archetto – polvere di atomi -
Così a ripararla mi ci volle
fino alla mattina del giorno seguente -
E poi – un giorno immenso,
come due ieri,
riversò il suo orrore sul mio volto -
fino a bloccarmi lo sguardo -
La mente prese a ridere -
Parlavo a vanvera – come una folle -
e sono anni ormai, ma da quel giorno -
la mente mia ridacchia, come una piccola sciocca.
Qualcosa di strano – dentro -
quella che ero -
e quella che sono, adesso – due cose divise -
potrebbe questa essere – Pazzia?
( 1862)
Gioconda Belli
Io sono la tua indomita gazzella
Io sono la tua indomita gazzella,
il tuono che rompe la luce sul tuo petto
Io sono il vento sfrenato sulla montagna
e il fulgore intenso del fuoco dell’ocote.
Io scaldo le tue notti,
accendendo vulcani nelle mie mani,
bagnandoti gli occhi col fumo dei miei crateri.
Io sono arrivata fino a te
vestita di pioggia e di ricordi,
ridendo la risata immutabile degli anni.
Io sono l’inesplorata strada,
la chiarezza che rompe la tenebra.
Io metto stelle tra la tua pelle e la mia
e ti percorro completamente,
sentiero dopo sentiero,
scalzando il mio amore,
denudando la mia paura.
Io sono un nome che canta e si innamora
dall’altro lato della luna,
sono il prolungamento
del tuo sorriso e del tuo corpo.
Io sono qualcosa che cresce,
qualcosa che ride e piange.
Io,
quella che ti ama.
Frantumata luna
Frantuma la luna tra le tue mani
Falla a pezzi
E cospargiti della sua polvere
Fine e scura.
Proteggiamoci dai simboli
E dai sogni
Respingiamo le insidie della vita
con un duro schermo di realtà.
Accettiamo
il giorno e la notte
attraversando il tempo
con spalle rette e occhi ben aperti.
Io sono la tua indomita gazzella,
il tuono che rompe la luce sul tuo petto
Io sono il vento sfrenato sulla montagna
e il fulgore intenso del fuoco dell’ocote.
Io scaldo le tue notti,
accendendo vulcani nelle mie mani,
bagnandoti gli occhi col fumo dei miei crateri.
Io sono arrivata fino a te
vestita di pioggia e di ricordi,
ridendo la risata immutabile degli anni.
Io sono l’inesplorata strada,
la chiarezza che rompe la tenebra.
Io metto stelle tra la tua pelle e la mia
e ti percorro completamente,
sentiero dopo sentiero,
scalzando il mio amore,
denudando la mia paura.
Io sono un nome che canta e si innamora
dall’altro lato della luna,
sono il prolungamento
del tuo sorriso e del tuo corpo.
Io sono qualcosa che cresce,
qualcosa che ride e piange.
Io,
quella che ti ama.
Frantumata luna
Frantuma la luna tra le tue mani
Falla a pezzi
E cospargiti della sua polvere
Fine e scura.
Proteggiamoci dai simboli
E dai sogni
Respingiamo le insidie della vita
con un duro schermo di realtà.
Accettiamo
il giorno e la notte
attraversando il tempo
con spalle rette e occhi ben aperti.
giovedì 4 dicembre 2014
Rainer Maria Rilke
Giorno d'autunno
Signore: è tempo . Grande era l'arsura .
Deponi l'ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.
Fa' che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno' di tepore,
.che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l'ultimo sapore.
Chi non ha casa adesso, non l'avrà.
Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell'aria fluttuano le foglie.
La sera
Come una indefinibile fata d'ombre...
Vien da lungi la Sera, camminando
per l'abetaia tacita e nevosa.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance e, zitta, origlia!
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
non si attentano ancora ai loro giochi!
Le madri stanno siccome regine.
Cade di mano alle fantesche il fuso.
La Sera ascolta, trepida pei vetri:
tutti, all'interno, ascoltano la Sera.
L'angelo
Con un cenno della fronte respinge
lungi da sé ogni vincolo, ogni limite
perché per il suo cuore passa alto e immenso il ciclo
degli eventi che ricorrono eterni.
Nei fondi cieli scorge una folla di figure
che lo chiamano: riconosci, vieni -.
Ciò che ti pesa, perché lo sostengano,
non affidarlo alle sue mani lievi.
Verrebbero di notte a provarti nella lotta,
trascorrendo la casa come furie,
afferrandoti come per crearti
e strapparti alla forma che ti chiude.
mercoledì 3 dicembre 2014
Nino Salvaneschi
“Tacendo ti amai”
Il nostro amore è nato quando
tacendo ci siamo accorti di parlare
la stessa lingua.
ci siamo guardati l’uno nell’altro,
come in uno specchio fedele.
e ciascuno ha visto sorgere nell’altra anima
l’immagine di se stesso.
e solo quel giorno in cui tu eri me e io ero te,
noi due eravamo una cosa sola,
fusa nei ricordi del nostro amore.
come la fiamma nata dalla terra,
questa cosa nostra,
fatta della nostra carne
e più ancora del nostro spirito,
tendeva verso l’alto.
lunedì 1 dicembre 2014
Giovani Poeti
“Quando il potere porta l'uomo verso l'arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe il campo dei suoi interessi, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell'esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia purifica poiché l’arte afferma le fondamentali verità umane ...”
J. F. Kennedy (Discorso all'Amherst College 26.10. 1963)
Risponde alle nostre 8 domande
Michael Crisantemi
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