martedì 16 dicembre 2014

Sergio Solmi

Saggista e poeta italiano (Rieti 1899-Milano 1981). Fondò nel 1922 con M. Gromo e G. Debenedetti la rivistaPrimo tempo. Laureatosi in legge, si impiegò in una grande banca milanese, ma ebbe sempre parte attiva nel mondo letterario. Partecipò alla Resistenza e, incarcerato dalla Muti nelle prigioni in Foro Bonaparte, riuscì a evadere con l'aiuto dei compagni partigiani (tutta l'esperienza della Resistenza è rievocata nella raccolta di versi Quaderno di Mario Rossetti, il nome di combattimento col quale Solmi operò nella lotta di liberazione).
L'attività creativa di Solmi si è svolta in stretta connessione con quella saggistica sostenuta dallo stesso impegno etico e dalla stessa limpida e razionale visione della realtà. L'opera poetica, raccolta nei volumiComete (1923), Fine di stagione (1933), Poesie (1950), Levania e altre poesie (1956), Dal balcone (1968) e riproposta, con numerosi inediti, nelle Poesie complete (1974), muove da toni crepuscolari ed ermetici per svolgere un originale e autonomo discorso poetico. Il senso di desolazione e di sconfitta davanti alla vita si risolve in una disillusa meditazione sul suo significato (“Tutto m'è uguale, nulla ha più sapore / Tutto potrei e nulla voglio”) e infine nella contemplazione di un mondo che è al di fuori di noi. Non è questo un modo di evadere dalla realtà, ma piuttosto di acquisire altre realtà alla nostra coscienza in crisi. Di qui anche l'interesse per la fantascienza della quale curò, in collaborazione con C. Fruttero, la serie antologica Le meraviglie del possibile (1959). Come critico, Solmi partì dalla lezione di B. Croce per un approfondimento in senso personale dei temi dell'opera altrui.

Giardino
L'iridato
getto che il vento obliqua e sfrangia, vela
per un istante il paesaggio
lo appanna come una memoria.
Poi di colpo s'imprimono
nella stillante acqua il fico, il nespolo
del Giappone, arde il chiaro
deliquio delle rose. A sommo
del muro gli archi del loggiato, le
persiane verdi e nere
s'inseguono, più su la fuga ilare
dei meli scende a picco, scendono
monti e ombre di monti.
Bellezza un poco cruda, non mia forse,
e troppo mia,
come una spada lampeggiante un giorno
mi feristi nel sonno adolescente,
dentro t'ebbi a non farmi più dormire.



Arte poetica
Sospirata parola, che alla fine
mi sei giunta, m'hai colto
in un momento di disattenzione,
e ti vuoi improvvisa, non cercata,
sfuggi al gesto raro, alla misura
esorbitante. D'una riga t'orli
di mare, gonfi in nube, ti dibatti
come colomba, sorgi in cima al semplice
respiro della voce, all'indolente
mano che ti scandisce, ed urgi - trepida
cosa tra cose - a collocarti in questa
calda, iridata, precisa esistenza. 


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