lunedì 20 aprile 2015

Daniel Varujan


Il giogo
I miei buoi sono biondi, hanno le fronti di luce
che ho adornato con un amuleto blu.
Sono ebbri dell’aria primaverile del mattino - 
guardano pacifici la campagna tranquilla.

Durante l’inverno li ho nutriti di fieno - 
sembrano i grassi idoli del tempio. 
La loro coda pelosa e pettinata
scivola sui fianchi come un serpente. 

Amo il loro dorso dalle mille pieghe,
le loro narici umide, le grandi pupille
dove si riconosce il sogno immutabile della campagna.

Amo di loro i corpi dondolanti, e il possente muggito
dagli orizzonti - quando avanzano senza fermarsi
con le corna immerse nell’Alba.


Aia
Mi siedo sull’aia sognando
        all’ombra del mio asino
che legato vicino a me sfrega
la sua dolce mascella sulla mia spalla.

Sulla pianura, calma, dilaga
l’onda bianca del sole
i covoni vi nuotano, e la tartaruga
la cerca per riscaldarsi.

L’ala del vento, carica di tiepidi profumi,
si muove appena, pigramente.
L’ombra della vacca sulla luce gloriosa
è un largo rattoppo nero. 

Trasportate le sue cose, il contadino
ha fondato là un nuovo villaggio...
lontano giace sulla soglia muschiosa
        e fa la guarda solitario il mastino.

Nell’aia il covone stuccato dal sole
sembra una casetta dorata.
L’ombra fresca dell’albero dal folto fogliame diventa
il velo di una sposa novella.

Ed io seduto all’ombra del mio asino
canto i valorosi della terra
che appena appesa la falce al muro
addestrano il toro all’aratro.

Canto il pastore che spiana l’aia
col rullo di pietra attaccato alle spalle,
la camicia inondata di sudore
aperta sul petto. 

Canto le spose che, con le dita colorate di henné,
setacciano l’orzo vigorosamente;
si disperdono dai fori del loro setaccio,
diresti, gocce di perle. 

Canto i contadini che in cima ai carri
eretti come dèi
col forcone ferocemente distruggono
l’enorme catasta dei covoni.

La trebbiatrice canto, che naviga intorno al raccolto
come su un lago color di fuoco, 
e anche il grano turbinante che già 
nuota in mezzo alla paglia. 

Oh, quanto è dolce confondersi con l’essere
in questo lavoro sacro;
dai sandali fino ai capelli immergersi
nelle polveri gialle dorate.

In cerca della scintilla del forno, del pane del campo
essere il Pan delle aia,
restituire al cuore dei mulini
i loro canti infiniti. 


Papaveri
Cogli, sorella, questi papaveri nel recinto - 
sanguinanti come cuori innamorati.
Nelle loro coppe di cristallo
berremo l’onda del sole. 

Tanto divampano di fiamme
che il loro incendio brucia i campi sterminati. 
Nelle loro coppe di fuoco
berremo le scintille delle stelle.

Cogli, sorella, come la quaglia nascosta
tra i grani che dolcemente vezzeggiano.
Nelle loro coppe scarlatte
berremo il sangue dei solchi. 

Chini sui nidi delle allodole
fluttuano come grappoli di raggi rossi. 
Nelle loro coppe rubino
berremo la promessa della Primavera.

Cogli, sorella, non i papaveri, ma la fiamma;
avvolgi del loro incendio il tuo grembiule verginale.
Nelle loro coppe delicate
berremo i fuochi di giugno. 

Fiori sbocciati come le tue tenere labbra, 
conversano con il grano vibrante.
Nelle loro coppe purpuree
berremo il mistero delle spighe. 

Coglili, sorella, perché di essi c’incoroneremo
per la gioiosa festa di domani, al villaggio.
E in queste coppe, danzando, 
berremo il vino dell’amore. 



sabato 11 aprile 2015

Arsenij Tarkovskij

La vita è la meraviglia delle meraviglie

E lo sognavo, e lo sogno,
e lo sognerò ancora, una volta o l’altra,
e tutto si ripeterà, e tutto si realizzerà,
e sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno.

Là, in disparte da noi, in disparte dal mondo
un’onda dietro l’altra si frange sulla riva,
e sull’onda la stella, e l’uomo, e l’uccello,
e il reale, e i sogni, e la morte: un’onda dietro l’altra.

Non mi occorrono le date: io ero, e sono e sarò.
La vita è la meraviglia delle meraviglie,
e sulle ginocchia della meraviglia
solo, come orfano, pongo me stesso.




giovedì 9 aprile 2015

WILLIAM WORDSWORTH (1770-1850)


Insieme  con S.T. Coleridge, Wordsworth fu l'iniziatore del movimento romantico in Inghilterra e il più grande poeta della natura percepita con una forza e una sensibilità assolutamente originali e senza precedenti nella letteratura inglese. 

***
Il mio cuore esulta al cospetto
dell’arcobaleno che sta nascendo:
come venendo al mondo;
come nel sapersi uomo;
così, nello scoprirsi vecchio,
mi sia data la morte!
Il Bambino è padre dell’Uomo
e siano i miei giorni
l’uno all’altro stretti
dal sentimento della natura.

***

Vagavo solo come una nuvola
che galleggia in alto, oltre valli e colline,
quando all’improvviso ho visto una folla,
una moltitudine di giunchiglie dorate,
accanto al lago, sotto gli alberi,
svolazzare e danzare nella brezza.
Continue come stelle che splendono
e scintillano sulla via lattea,
si stendevano in una linea infinita
lungo il margine di una baia.
Ne vidi diecimila a colpo d’occhio
che scuotevano le teste in una danza vivace.
Le onde ballavano al loro fianco ma loro
superavano le scintillanti onde in allegria
un poeta non poteva che essere felice
in una compagnia così gioconda
io le fissavo sempre di più ma pensavo poco
alla ricchezza che quello spettacolo mi aveva portato
perchè spesso, quando sto sdraiato sul mio giaciglio
distratto o pensoso,
loro lampeggiano su quell’occhio introspettivo
che è la beatitudine della solitudine
allora il mio cuore si riempie di piacere
e danza con le giunchiglie



sabato 4 aprile 2015

Buona Pasqua


Dall’uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: “Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio”.
E volteggiando
di qua e di là
attraversando
paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
“Viva la pace,
abbasso la guerra”.
Gianni Rodari


venerdì 3 aprile 2015

José Hierro






LE STRADE NON PORTANO...

Le strade non portano
a nessuna meta; tutte
terminano in noi.
La fiamma del crepuscolo
ci fonde in unità.

È bello camminare,
sognare, cantare. Bello
essere gran tenerezza
con un cuore vicino,
(con un dolore remoto).

La sera si denuda,
mostra i suoi ori profondi.
Ogni forma ci incanta
col suo vino gioioso.

Ormai non c’è nulla: – passato,
futuro, ombre, gioie –,
fuori di noi.
La sera spolvera
il suo caldo tesoro.

I suoi pampini di fuoco
stillano nei nostri occhi.
La sera è nostra. Il mondo
fu fatto per noi.

Siamo il suo centro vivo
e gira il tempo intorno.
Passa e non può ferire
col suo dolore remoto
il nostro cuore vicino.

Le strade non portano
a nessuna meta; tutte
terminano in noi.
da Con le pietre, con il vento (1950)




TRAMONTA IL SOLE

Perdonami. Non accadrà di nuovo.
Ora vorrei
meditare, raccogliermi, dimenticare: essere
foglia d'oblio e solitudine.
Sarebbe stato necessario il vento
che semina le scaglie dell'autunno
con rumore e colore.
Sarebbe stato necessario il vento.
Parlo con l'umiltà,
con la disillusione, la gratitudine
di chi visse dell'elemosina della vita.
Con la tristezza di chi cerca
una povera verità a cui appoggiarsi e riposare.
L'elemosina fu bella - esseri, sogni, successi, amore -
dono gratuito, perché nulla meritai.
E la verità! E la verità!
Cercata a tratti, negli esseri,
ferendoli e ferendomi;
frugata nelle parole;
scavata nel profondo dei fatti
- minimi, giganteschi, che importa:
alla fin fine nessuno sa
che cosa è piccolo e che cosa enorme;
grande si può chiamare una ciliegia
("oggi cadono solo le ciliegie",
mi dissero un giorno, ed io non so per che fu),
piccolo può essere un monte,
l'universo e l'amore -.
Mi è sfuggito qualcosa
che era accaduto.
Qualcosa di cui io mi pentivo
o, forse, mi vantavo.
Qualcosa che dovette essere in altra guisa.
Qualcosa che era importante
perché apparteneva alla mia vita: era la mia vita.
(Perdonami se considero importante la mia vita:
è tutto quello che ho, che ho avuto;
da molto tempo io l'avevo vissuta
al buio, senza lingua, senza orecchie, senza mani,
sospeso nel vuoto,
senza speranza.)
Ma mi si è cancellata
la storia (la nostalgia)
e non ho progetti
per domani, e neppure credo
che esista questo domani (la speranza).
Vo  nel presente
e non vivo il presente
(la pienezza nel dolore e l'allegria).
Sembro un esiliato
che ha dimenticato perfino il nome della sua patria,
il suo stato preciso, le strade
che conducono ad essa.
Perdonami se ho bisogno
di verificare il suo posto esatto.
E quando saprò dove l'ho perduta,
voglio offrirti il mio esilio, quel che vale
quanto la vita per me, che è il suo senso.
E allora triste, ma incrollabile,
perdonami, ti offrirò una vita
senza più demonio né allucinazioni.