giovedì 23 gennaio 2014

Carlo Betocchi


 

 
  
Carlo Betocchi nasce il 23 maggio 1899 a Torino, da padre ferrarese e madre toscana, muore a Bordighera (Imperia) il 25 maggio 1986. Fin da bambino (1906) si trasferisce a Firenze al seguito del padre ferroviere. Studia con Piero Bargellini all'Istituto Tecnico Fiorentino, dove nel 1915 consegue il diploma di agronomo. Frequenta poi la Scuola Ufficiali di Parma, nel 1917 viene inviato al fronte e partecipa alla resistenza sul Piave, quindi nel 1919 va volontario nella guerra di Libia. Al rientro lavora come geometra nelle costruzioni stradali. Negli anni seguenti si sposta in Francia per lavoro e poi in diverse località dell'Italia centro-settentrionale. Dal 1928 al 1938 risiede a Firenze.  Autodidatta, ma coltissimo, comincia a frequentare i circoli letterari toscani. Insieme a Piero Bargellini e Nicola Lisi collabora al “ Calendario dei pensieri e delle pratiche solari” . Il 26 maggio 1929, sempre con Bargellini e Lisi, fu tra i cattolici che dettero vita alla rivista “ Il Frontespizio” , che ospitò gran parte dei poeti così detti ermetici (tra cui Mario Luzi, Carlo Bo, Leonardo Sinisgalli, Vittorio Sereni, Giancarlo Vigorelli, Alessandro Parronchi, Oreste Macrì), che ricercavano la poesia 'pura', al di là della logicità e del senso temporale, utilizzando fortemente metafore e analogie.  Come poeta segue all'inizio le orme di Papini, ma, lontano da sperimentalismi e neo-avanguardie, Betocchi percorre un cammino personale poetico che lo porta “faccia a faccia con la vita e con i suoi confini”. La partitura poetica, che mostra forse una certa noncuranza formale, nasce da un amore sincero per la realtà ed ha poco o niente in comune con l'ermetismo in voga in quegli anni. Le prime poesie di Betocchi furono pubblicate dalla rivista bolognese “ L'orto ” . Pubblicò poi la raccolta di versi Realtà vince il sogno (1932), cui seguì Altre poesie nel 1939 . Nel 1939 Betocchi lascia Firenze e si trasferisce a Trieste dove gli viene assegnata la cattedra di materie letterarie presso il Conservatorio musicale di Venezia; tornato definitivamente a Firenze nel 1953 insegna con le stesse mansioni presso il Conservatorio Luigi Cherubini e continua a collaborare a varie riviste, tra cui La Chimera , La Fiera Letteraria e L'Approdo Letterario, di cui rimane redattore fino al dicembre del 1977, anno di cessazione della rivista. Sempre nel 1953 veniva chiamato a far parte del Consiglio d'Amministrazione del Gabinetto Vieusseux, in qualità di rappresentante del Comune di Firenze. Tra il 1945 e il 1965 fu redattore del programma radiofonico “ L'Approdo ” che andava in onda dalla Rai di Firenze.  Nella poesia di Betocchi si avvertono talvolta suggestioni pascoliane, il quotidiano è rivestito di significati religiosi e vi traspare una fede di tipo naturalistico, un senso di fratellanza verso tutti gli esseri, nei quali avverte il manifestarsi di una presenza divina. Questo lo porta pian piano ad aprirsi verso tutte le creature “Io non voglio salvarmi solo, deve salvarsi per l'eternità anche quell'albero, anche il cane…”, questa come dice Contini è una sorta di “testimonianza di carità attiva verso il creato”. Il suo è stato definito “un cristianesimo senza Cristo e senza teologia” . Il Poeta sembra essere in attesa di una salvezza, di una vittoria della "realtà" sul "sogno", concetto che già dall'esordio era evocato nel titolo della sua prima raccolta Realtà vince il sogno . Nella sua vasta produzione troviamo sia opere di poesia che di prosa.  
                                                                                                                                                Liberamente tratto  Accademia Alfieri.it
 All’amata

I fior d’oscurità, densi, che odorano
dove tu sei, s’aggirano nell’ombra,
un’altra luce sento che m’inonda
queste pupille che l’ombra violano.

Quale tu sei, non so; forse t’adorano
le cose antiche in me, tutto circonda
te in un giardino dove i sensi all’ombra
tornano ad uno ad uno che ti sfiorano.

L’esser più soli, e l’aggirarsi dove
tu non sei più, od in remota stanza
dentro al mio petto, quando lento piove

l’amor di te che oltre di te s’avanza,
forse sarà per questo il dir d’amore
più dolce dell’amore che ci stanca.


Ciò che occorre è un uomo

Ciò che occorre è un uomo
non occorre la saggezza,
ciò che occorre è un uomo
in spirito e verità;
non un paese, non le cose
ciò che occorre è un uomo
un passo sicuro e tanto salda
la mano che porge, che tutti
possano afferrarla, e camminare
liberi e salvarsi.

Dal definitivo istante

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