giovedì 6 giugno 2013

Aleksander Sergevic Puskin




"Alcuni paesi hanno avuto i loro Dante, i loro Goethe e i loro Shakespeare: cioè un nome che, unico e assoluto, è stato considerato come una sorta di emblema d'una lingua, nonché d'un popolo. In Russia questo nome è Puškin... Egli ha detto cose che prima di lui nessuno aveva detto e nessuno dopo di lui ha mai dimenticato".
Puškin infatti è stato uno spartiacque fondamentale tra le letterature a lui precedenti e a lui successive: i suoi più importanti discepoli, per loro stessa ammissione, sono stati Tolstoi, Dostoievsky, Gogol, Turgenev...

 

Nato a Mosca  da una piccola ma antichissima famiglia nobiliare. Puskin crebbe in solitudine, senza affetti, immerso fra i libri della ricca biblioteca del padre, fra i classici di Moliere, di Rousseau, di Montesquieu e le antiche fiabe popolari. Dopo aver completato gli studi si lanciò nella vita mondana dei salotti lussuosi nobiliari e delle società letterarie politiche progressiste, nei quali cominciarono ad aleggiare i primi pensieri rivoluzionari, al riparo dall’occhio dello Zar. Così Puskin si lasciò guidare dai fervori della gioventù, scrivendo poesie ispirate alla libertà, alla lotta per la patria, contro il potere tirannico. Ben presto, però, la polizia segreta russa, per ordine dello stesso zar Alessandro I, lo obbligò a lasciare la città per raggiungere le sponde del fiume Dnepr e vivere, isolato, nella sperduta città di Dnipropetrovs’k. Lontano dalla patria, si sentì prigioniero di un terra deserta, come “una giovane aquila” incapace di volare oltre le sbarre di una cella. Una volta ritornato a Pietroburgo conobbe Natal’ja Nikolaevna Gončarova, un’incantevole donna frivola, sciocca, ma estremamente bella, della quale si innamorò perdutamente. Si dice che bastò un sorriso per farlo innamorare e proprio per quel sorriso perderà la vita. Puskin, poeta della Russia e dell’amore, trovò la morte per mano del nobile francese Georges in un duello. Come in qualunque romanzo romantico che si rispetti, il poeta morì per difendere il proprio onore, sfidando colui che insinuò l’infedeltà della moglie. In quella giornata d’inverno nel 1837 Puskin perse la vita, ma ancora oggi egli risuona fra le terre della Russia, immutabile ed eterno, proprio come le sue opere.

  Parzialmente tratto da: L'intellettuale dissidente

Il fiore
Un fiore secco, un fiore senza profumo
Dimenticato in un libro io vedo;
Ed ecco che già di uno strano sogno
Si è colmata l'anima mia: 
 
Dove è fiorito? Quando? In quale primavera?
E a lungo è fiorito? E chi l'ha colto,
Una mano nota o forse estranea?
E chi l'ha posto in questo libro?

Forse in ricordo di un tenero incontro,
O di un fatale abbandono,
Oppure di una passeggiata solitaria
Nel silenzio dei campi, nell'ombra dei boschi?

E lui è vivo, ed è viva lei?
E ora dov'è il loro angolino?
O forse sono già appassiti,
Come questo fiore sconosciuto?
 
 Se la vita ti tradisce

Se la vita ti tradisce
non dolerti, non crucciarti!
nella pena trova pace
l'allegria, credi, verrà.

Di futuro vive il cuore,
il presente è desolato:
tutto è effimero, fugace;
ciò che passa sarà amato.
 
 

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