mercoledì 13 febbraio 2013

L'amore nella pittura



                   Anche la storia della pittura è disseminata di opere riguardanti l’amore. Sin dal ‘400 assistiamo alla produzione di tele e pale, ovviamente per ambienti privati, richiesti come propiziatori di buona fortuna, in genere per matrimoni.
E’ questo il caso dei cassoni nuziali, decorati con scene mitologiche quali il Ratto d’Europa, Apollo e Dafne, numerose altre. 

Tra le tele più famose va menzionata “Amor Sacro e Amor Profano” (Roma, Galleria Borghese), opera commissionata nel 1514 per il matrimonio tra Nicolò Aurelio e Laura Bagarotto.

Altra tela tizianesca con le stesse funzioni è la “Venere di Urbino”, conservata agli Uffizi. Richiesta da Guidobaldo II della Rovere, figlio di Francesco Maria duca d’Urbino, qualche anno dopo il suo connubio con la giovanissima Giulia Varano di Camerino. Nel 1534, anno del matrimonio, la fanciulla ha solo dieci anni: il legame tra i due sposi è dichiaratamente politico, volto a far ottenere al ducato d’Urbino il territorio di Camerino. L’interpretazione più verosimile del quadro lo vuole come un dono di Guidobaldo a Giulia, fattole quattro anni dopo, quando ormai il matrimonio può esser consumato: così si spiegherebbe il rimando alla Venere classica, modello da imitare, e la forte carica sensuale emanata dal dipinto.

Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 il tema amoroso continua ad essere rappresentato nella sua doppia connotazione: così appare nel celebre “Amor vittorioso” di Caravaggio (Berlino, Staatliche), in cui il piccolo Eros trionfa anche nel nome del committente Vincenzo Giustiniani, e in quello di Baglione dipinto per lo stesso commitente.

La storia dell’amore nel prosieguo della produzione artistica del ‘600 è dominata da una fitta riproduzione di immagini di putti o amorini, che soprattutto in età barocca compaiono nelle opere di celebri artisti come Pietro da Cortona o Poussin. Tale tendenza è ancora viva nel secolo successivo, che però, soprattutto nell’area transalpina, si arricchisce di nuove iconografie. In Francia per esempio ci si sofferma sull’elemento psicologico dell’amore, come nell’opera di Fragonard “Lettera d’amore” (1770) oggi al Metropolitan Museum di New York, che raffigura una donna in trepidazione al momento di aprire la busta contenente una missiva del suo amante.

Tra l’800 ed il ‘900, infine, si ritrovano almeno due importanti opere che ancora oggi fanno parte dell’iconografia amorosa per antonomasia.
La prima è “Il bacio” di Francesco Hayez della Pinacoteca di Brera. Il quadro fu presentato nel 1859 all’esposizione allestita proprio a Brera per l’ingresso di Vittorio Emanuele e Napoleone III, mentre una seconda versione venne inviata all’esposizione di Parigi del 1867.

E’ indubbiamente l’opera più popolare del pittore veneziano, artista che in più frangenti si soffermò su tale iconografia, come ne “L’ultimo bacio di Giulietta a Romeo” di Villa Carlotta (Tramezzo, Como), tratto dalla famosa tragedia shakespeariana.

Ancora  una tela intitolata “Il bacio”,  è quella realizzata da Gustav Klimt (1907-08), conservata a Vienna alla Österrechische Galerie. vera summa dell’arte di Klimt. In essa i protagonisti sono uniti in un abbraccio che segna il trionfo del potere dell’eros, capace di sublimare i conflitti tra uomo e donna in una serena ed estatica armonia. Alla decorazione delle vesti, modulata in diversi toni d’oro, è affidata la differenziazione dei due universi sessuali: le figure geometriche di diversa natura, spigolose per l’uomo, morbide e curvilinee per la donna

Il tema dell’unione amorosa torna spesso nelle opere del pittore austriaco, dal giovanile “Amore”, sospeso tra realismo e allegoria,

 alla scena del fregio di Beethoven e all’”Abbraccio” per il mosaico di Casa Stoclet, già appartenenti ad una sfera mitico-simbolica indipendente dalla realtà. 

Liberamente tratto da  "Cultura Spettacoli  Arte "

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