mercoledì 3 aprile 2013

George Herbert






E' stato un poeta e oratore inglese.
Viene commemorato come santo dalla Chiesa anglicana, che lo ricorda il 27 febbraioo e da quella luterana che lo inserisce nel proprio calendario dei santi al 1° marzo. Nonostante sia vissuto solo fino a 40 anni, la sua importanza, come poeta è sempre più aumentata anche se, è da notare, nessuna delle sue opere è stata pubblicata mentre era in vita. I poemi dei suoi ultimi anni, scritti quando era pastore a Bemerton vicino a  Salisbury sono ineguagliati nella letteratura, combinando una profonda spiritualità con una inesausta sperimentazione. Il loro linguaggio rimane fresco e ispirato anche ai nostri giorni. La famiglia di Herbert era ricca, eminente, intellettuale ed amante dell'arte, la madre, Magdalen, era patrona e amica di John Donne e altri poeti, il fratello Edward Herbert, primo barone di  Cherbury, nominato cavaliere e Lord Herbert di Cherbury da re Giacomo I d'Inghilterra, fu un poeta e filosofo che cercava di riconciliare il Cristianesimocon il razionalismo ed è spesso citato come il "padre del deismo inglese".
Herbert bilanciò una iniziale carriera secolare con gli ultimi anni di contemplazione teologica e di umile lavoro parrocchiale. Dopo aver conseguito la laurea al Trinity College di Cambrige Herbert ebbe il posto di "pubblico oratore" di Cambridge, responsabile di porgere ampollosi saluti in latino ai visitatori importanti; una posizione cui probabilmente teneva date le sue capacità poetiche. Nel 1624 divenne membro del Parlamento. Entrambe queste attività indicano un intento di intraprendere una carriera a Corte. Tuttavia, nel 1625 si verifico la morte di  Giacomo I, che aveva mostrato di favorirlo e forse di volerlo nominare ambasciatore. Da qui la scelta -per certi versi pragmatica - di Herbert di scegliere quella che probabilmente era la sua iniziale inclinazione: una carriera nella Chiesa d'Inghilterra.
Nel 1626 prese gli ordini e la cura di una parrocchia rurale nel Wiltshire a circa 75 miglia a sud ovest di  Londra dove si rivelò un onesto e coscienzioso pastore, attento alla cura spirituale e anche fisica dei parrocchiani. Sul letto di morte consegnò il manoscritto il Tempio, la sua raccolta di poesie, a Nicholas Ferrar, il fondatore di una comunità religiosa semi-monastica a   Little Gidding (un nome oggi molto più conosciuto attraverso le poesie di  T.S. Eliot). Herbert chiede a Ferrar di pubblicare le poesie se le riteneva capaci di "essere di aiuto a qualche anima bisognosa" oppure di bruciarle. Prima del 1680 The Temple aveva raggiunto le tredici edizioni. Sempre postumo nel   1652 venne pubblicato Priest to the Temple, or, The Country Parson his Character and Rule of Holy Life (Sacerdote al tempio o il parroco di campagna, suo carattere e ruolo nella vita spirituale), trattato sulla devozione, in prosa.

Il poeta Herbert è costantemente alla ricerca di ciò che Jacques Deridda ha chiamato un "significare trascendentale", il numero dei nomi di Dio, l'ultima sillaba del tempo registrato, la divina estensione del Libro della Genesi (In principio Dio disse...), sospiro che restituisce come rivelato e conoscibile tutto ciò che è stato finora detto e scritto: la vita e la parola come una sacra inscrizione. Herbert ha avuto una grande influenza sui poeti romantici da Coleridge a Emily Dickinson e  Hopkins, fino al grande T.S.Eliot. Molto studiato dalla critica strutturalista, alla ricerca di uno storico esempio che desse corpo all'importanza della struttura nella poesia. Herbert era l'ideale per il carattere sperimentale di molte delle sue opere; fra tutte L'altare e Ali di Pasqua, in cui le parole vengono ordinate a disegnare ali d'angelo orizzontali o il profilo di un altare, dove la struttura da interna si fa esterna e si inoltra nella ricerca della forma fino al limite dell'impostazione tipografica

***
Amore.

L'Amore mi aprì le braccia
e la mia anima indietreggiò,
colpevole di fango e di vergogna.
Ma, con rapido sguardo, l'Amore
vide la mia debolezza fin dal mio primo istante
e venne più vicino chiedendomi dolcemente
se qualcosa mi mancava.
"Un invitato" risposi "degno di essere qui".
"Tu sarai quello", disse l'Amore.
Io, il maligno, l'ingrato?
O mio amato, non posso neppure guardarti.
L'Amore prese la mia mano e replicò sorridendo:
- "Chi ha fatto i tuoi occhi, se non io?"
- "E' vero, Signore, ma li ho sporcati;
lascia la mia miseria vada dove si merita".
- "E non sai tu" disse l'Amore "chi ne portò su di se il castigo?"
- "Mio amato, allora ti servirò".
- "Occorre che tu ti sieda", disse l'Amore, "che tu gusti il mio cibo".
E io mi sedetti e mangiai.



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