giovedì 4 aprile 2013

Isidore Ducasse o Lautréamont



Poeta francese, nato a Montevideo nel1846, morto a Parigi il 24 novembre 1870. Il padre, François, era "cancelliere delegato" del consolato di Francia a Montevideo. Venuto a Parigi nel 1867 per frequentare il politecnico, il L. seguì qualche corso di liceo e poi si volse completamente alla letteratura, conducendo vita solitaria, tutto preso dalle sue truci e grandiose fantasie. Nel 1868 pubblicò in una plaquette, anonimo, il primo dei   ChaChants de Maldoror; l'anno seguente, completò i sei canti, pubblicandoli sotto il nome di Comte de Lautréamont, preso, con una lieve modificazione, da un romanzo di E. Sue. Nell'ultimo tempo della sua vita, l'attività del L. è ancora più oscura: lavora a un testo di cui non è stata ritrovata che la prefazione (Poésies), frequenta riunioni rivoluzionarie e vi tiene discorsi violentissimi. Non si hanno particolari sulla sua morte improvvisa e misteriosa, dato che l'incartamento a essa relativo è stato distrutto. La critica è ancora divisa circa il valore poetico dei Chants de Maldoror, scritti in una prosa di ampio respiro, tumultuosa e frenetica. In una lettera il L. afferma di aver "cantato il male, come han fatto  Mickiewickz, Byron, Milton, Southey, Alfred de Musset e Baudelaire..."; aggiunge: "naturalmente ho un po' esagerato il diapason per fare del nuovo nel senso di quella letteratura sublime che non canta la disperazione se non per opprimere il lettore, e fargli desiderare il bene come medicina". Ma è verosimile che tali giudizî siano destinati al pubblico, poiché la disperazione e la rivolta sono la sostanza stessa dei Chants de Maldoror, cui non si può non riconoscere, come il poeta stesso voleva, "un'infernale grandezza". Insieme a residui di romanticismo spettacoloso e declamatorio, vi si trovano anticipazioni di una nuova poesia intesa a cogliere l'essenza ultima della realtà: nuova poesia che raggiungerà una delle sue più alte espressioni nelle Illuminations di Arthur Rimbaud.
                                                                             ***
Ferita

Ma non mi lamenterò più. Ho ricevuto la vita
come una ferita e ho proibito al suicidio
di guarire la cicatrice. Voglio che il Creatore
ne contempli, in ogni ora della sua eternità,
il crepaccio spalancato.

Nessun commento:

Posta un commento