martedì 12 marzo 2013

Sefèris Giòrgos



“Io guardo il fiume
crespe leggere passano sotto il sole malato
nient'altro, il fiume aspetta;
abbi pietà di quanti aspettano»”
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E’ stato un poeta, saggista e diplomatico greco,Premio Nobel per la letteratura nel 1963, per i suo scritti eminentemente lirici, ispirati da un profondo legame con il mondo della cultura ellenica .Studiò Giurisprudenza a Parigi dove seguì il padre, noto giurista e letterato. Intraprese la carriera diplomatica (1926), che concluse nel 1962 come ambasciatore a Londra. Le peregrinazioni impostegli dal servizio, incluse quelle al seguito del governo greco dopo l'invasione nazista, radicarono nel suo animo il sentimento dell'esilio, precocemente sperimentato con l'esodo della popolazione greca dall'Asia Minore in seguito al trattato di Losanna (1923). Le poesie degli esordî, ("Strofa", ma anche "Svolta", 1931), ῾ ("La cisterna", 1932), si posero sulla scia del simbolismo francese e di P.Valery, segnalandosi tuttavia per l'originalità dei procedimenti ermetico-allusivi e per la salda coerenza della lingua e del ritmo. Non meno innovativi i 24 componimenti di ("Romanzo", 1935), pubblicati pochi mesi dopo che S. aveva dato vita, insieme con altri, alla rivista ("Lettere nuove", 1935): protagonisti di questo breve epos sono alcuni miti dell'antichità classica, i quali rappresentano in modo esemplare il perenne ricorso di una vicenda tragica. Nell'assegnare una funzione metatemporale al mito, S. mise forse a frutto le suggestioni della poetica eliotiana (è del 1936 la sua traduzione di The waste land), sulla quale s'innesca il suo autonomo percorso di poeta-artigiano che attinge con paziente lavoro di scavo alle proprie intime risorse (Τετράδιο γυμνασμάτων "Quaderno d'esercizî", 1940). Il presentimento del conflitto mondiale e le amare prove affrontate negli anni dell'esilio incupiscono le poesie del primo e più ancora del secondo ῾Ημερολγιο καταστρώματος ("Giornale di bordo", 1940 e 1945). Frutto delle contraddittorie sensazioni suscitate dal ritorno in patria fu il poemetto ῾Η κχλη ("Il tordo", 1947), un capolavoro della letteratura di tutti i tempi, che muove dall'oscuro abisso della guerra e delle lotte fratricide verso il chiarore di una provvisoria speranza. Ancora una luce, la magia del paesaggio di Copro, illumina le poesie del terzo "Giornale di bordo" (1955), a contrasto con la drammatica crisi politica che insanguina l'isola.  Soggiornò anche in Albania, nel Nord Africa e in Medio Oriente. Quando il colpo di stato dei Colonelli in Grecia nel 1967 precipita la nazione in una spirale di violenze e torture, il poeta , ritiratosi in volontario isolamento, pronuncia alla BBC un discorso di totale condanna della Giunta: I am a man without any political aliation, and I can therefore speak without fear or passion. I see ahead of me the precipice toward which the oppression that has shrouded the country is leading us. This anomaly must stop. It is a national imperative.  Quando Seferis muore, nel 1971, i suoi funerali si trasformano in una imponente manifestazione contro il regime: una folla immensa intona ΑΡΝΗΣΗ  ( Il Rifiuto)cui l' altro grande ribelle greco, Mikis Theodorakis, ha dato la sua struggente musica .

IL RIFIUTO
Su di una spiaggia segreta
bianca come una colomba
morivamo di sete
ma l' acqua  era salata .
Sulla spiaggia dorata
scrivemmo il suo nome;
ma venne bella la brezza dal mare e cancellò le parole
Con quale spirito, quale animo,
quale desiderio e quale passione
afferrammo la nostre vite: un errore! Così cambiammo la nostre vite..

****** 
“Ancora un poco
 e scorgeremo i mandorli fiorire
 brillare i marmi al sole
 e fluttuare il mare”
 ancora un poco,
 solleviamoci ancora un po’ più su.”

Liberamente tratto da Treccani.it e Millenovecentoottantanonepiùuno

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