Poeta (Mosca 1821 -
Pietroburgo 1897). Visitò ripetutamente l'Italia, e
riflessi classici, intrecciati a impressioni personali, formano il contenuto
degli Očerki Rima
("Schizzi di Roma",
1847) e del Neapolitanskij
al´bom ("Album
napoletano", 1858). Di soggetto romano sono anche i
drammi lirici Tri smerti
("Tre morti", 1851, pubbl. 1857),
Dva mira ("Due
mondi", 1872, 1881). Nella sua
opera, che si distingue per un culto classico della forma e ove predomina
l'interpretazione poetica di avvenimenti storici, non mancano anche accenti
patriottici di contenuto slavo-bizantino.
liberamente tratto da Treccani.it
Voci della notte
O notte senza
luna!... Come un innamorato
ti ascolto e ti contemplo, immoto, estasiato...
Qual musica s'effonde sotto l'argenteo manto!
Intorno, delle fonti gorgoglia il terso canto
qui trema un'adamantina perluccia sopra un ramo,
là trilla un augellino l'uguale suo richiamo;
e come un orologio, tra l'erbe, l'indiscreto
grillo ripete l'aspro stridio; dal giuncheto
del fiume s'ode il coro dei rospi, come sordi
d'un organo lontano evanescenti accordi;
e regna sopra tutta la placida armonia,
ora mugghiante, ed ora molto sommesso e lento,
lo strepito d'un nero lontan mulino a vento...
E gli astri!... Oh, quale incanto!... Qual pura melodia!...
Nel coruscar metallico, nel vivo palpitare,
sembrami udire il rombo del loro eterno andare...
ti ascolto e ti contemplo, immoto, estasiato...
Qual musica s'effonde sotto l'argenteo manto!
Intorno, delle fonti gorgoglia il terso canto
qui trema un'adamantina perluccia sopra un ramo,
là trilla un augellino l'uguale suo richiamo;
e come un orologio, tra l'erbe, l'indiscreto
grillo ripete l'aspro stridio; dal giuncheto
del fiume s'ode il coro dei rospi, come sordi
d'un organo lontano evanescenti accordi;
e regna sopra tutta la placida armonia,
ora mugghiante, ed ora molto sommesso e lento,
lo strepito d'un nero lontan mulino a vento...
E gli astri!... Oh, quale incanto!... Qual pura melodia!...
Nel coruscar metallico, nel vivo palpitare,
sembrami udire il rombo del loro eterno andare...
a un acquazzon ci colse, lungi da casa,
a un tratto…
Fuggimmo d’un abete sotto le fronde
nere,
gridando di spavento, tremando di
piacere!…
Il sole dei suoi raggi versava giù il
tesoro,
stringendo a noi d’intorno come una
gabbia d’oro;
le gocce saltellavano sul suolo, ed a
vederle
scorrere giù dagli aghi parevan chiare
perle;
cadevano splendendo sul capo tuo
diletto,
o svelte rotolavano giù dalle spalle al
petto…
Ricordi come calmo divenne il nostro
riso?
Ma il tuono rimbombò nel cielo all’improvviso…
Tu mi stringesti, gli occhi chiudendo
pel terrore…
O pioggia benedetta! O rombo dolce al
cuore!
Nessun commento:
Posta un commento