La compiaciuta opulenza delle bellezze di Botero e il suo successo a livello commerciale, spiccano come un colossale paradosso in una società che sembra stabilmente orientata verso un modello di bellezza femminile efebico e diafano. Alcuni critici hanno posto in relazione la dilatazione delle forme operata da Botero con il contesto socio economico coevo, leggendola come proiezione visiva del consumismo. Tuttavia la realtà è molto più semplice e meno “militante”, senza contare che – generalmente – l’affermazione di un modello di bellezza si consolida come opposizione e non come riflesso della tendenza economica del momento (le ipertrofiche Veneri di Rubens sarebbero impensabili al di fuori della crisi del Seicento). La dilatazione delle forme, nelle opere del pittore colombiano, ha quindi un significato molto diverso… e in un certo senso molto più localistico: ne è una spia il fatto che essa non riguardi solo il corpo umano, ma anche gli animali e lo stesso contesto paesaggistico.
“Il problema è determinare la fonte del piacere quando si guarda un dipinto. Per me il piacere viene dall’esaltazione della vita, che esprime la sensualità delle forme. Per questa ragione il problema formale è creare sensualità attraverso le forme.” Questa è la chiave di tutto. Dietro l’irreale dilatazione dei volumi non c’è nessun tipo di riflesso o critica di un modello sociale, ma la pura e semplice ricerca di un piacere ideale - non meramente edonistico - che in Botero si concretizza idillicamente in un metaforico “ritorno alle origini”, esaltazione della sensualità densa e lussureggiante tipica della realtà latinoamericana. Si tratta di un modello astratto, utopico, che affonda le radici nella realtà, ma che dalla realtà si distanzia: la brillantezza un po’ naïve della tavolozza cromatica e la totale assenza di dimensione psicologica nella rappresentazione dei personaggi, concorrono ad allontanare soggetti e paesaggi dall’osservatore, collocandoli in un “non luogo” serenamente favolistico.
Liberamente tratto da Morfoedro
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